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Cosa Visitare

Mazara del Vallo

Mazara del Vallo conta circa 55000 abitanti, è il più grande porto peschereccio della Sicilia ed è anche uno dei più importanti porti pescherecci del Mediterraneo. Di origine pre-romana si sviluppò durante la dominazione araba. La cattedrale sorse in epoca normanna, ad opera di Ruggero I,  al posto di una precedente Moschea.

La diocesi di Mazara del vallo è tra le più antiche della Sicilia. Mazara del vallo è chiamata anche la città delle cento chiese e la leggenda vuole che tutte siano collegate da cunicoli sotterranei.

Il vecchio centro storico, un tempo chiuso dentro le vecchie mura normanne, include parecchie chiese monumentali alcune delle quali risalenti all’XI° secolo.

Oltre alle bellissime chiese, molti sono i luoghi da visitare: uno stupendo lungomare, il museo del satiro danzante, il museo diocesano, l’arco normanno simbolo delle città, le aree naturali dei Gorghi tondi e lago Preola.

Sulle sponde del fiume Mazaro, in contrada Mirigliano, si trova uno dei più importanti ipogei dell’Italia meridionale, detto di san Bartolomeo, poco valorizzato e conosciuto.

La spiaggia di Tonnarella, in estate, è meta di un enorme flusso di turisti ed offre sempre un mare trasparente ed una spiaggia pulita.


Mothia e le Isole dello Stagnone

Scendendo dal monte di Erice e proseguendo sulla strada che da Trapani va verso Marsala vi proponiamo un itinerario indimenticabile, tra natura e cultura, all’interno dello Stagnone, un basso specchio d’acqua di mare, oggi divenuto Riserva Naturale Orientata, per la ricchezza della flora e della fauna.
Qui il paesaggio di magico incanto è dominato dai mulini a vento (alcuni del ’500, completamente restaurati nei loro ingranaggi in legno) utilizzati per la “coltura del sale marino”: uno spettacolo unico e vario in ogni momento dell’anno.
Da giugno a settembre, la raccolta del sale e le distese infinite dei piccoli cumuli, bianchissimi; la quiete solenne del riposo invernale, dominata dai grandi trapezi di tegole che proteggono il sale; le varie fasi di preparazione della coltura, in primavera. Anche l’isoletta di Mozia merita una visita: il breve tratto di mare che la separa dalla terraferma, eun tempo era attraversato  dai carri pieni di uva tirati da buoi affondati nell’acqua per circa un metro. La città, di origine fenicia, ebbe grande importanza strategica per le operazioni dei Cartaginesi contro i Greci di Sicilia e fu assediata ed espugnata da Dionisio di Siracusa nel 397 a.C. Abbondanti i resti dell’insediamento fenicio su tutta l’isola che si mostra al visitatore ricca di reperti archeologici. il Museo è ospitato nella villa Whitaker, residenza della omonima famiglia inglese che si stabilì in Sicilia alla fine dell’800: tra tutti da non perdere la mirabile statua dell’Auriga. Ancora oggi nell’isola si coltivano le uve da vino che la resero famosa nell’antichità e da qualche anno si è ripresa la produzione di un vino preziosissimo, fatto con le antiche tecniche fenicie.


Pantelleria

È disposta in semicerchio attorno al porto, dominata dalla possente mole del castello. È distante circa 90 km da Trapani e vi si arriva con 7 ore di navigazione o 30’ di volo. La sua economia è sempre stata prettamente agricola rendendola famosa anticamente per gli asini (recentemente un programma di salvaguardia ne ha scongiurato l’estinzione), per l’uva passa di zibibbo da cui si ricava il noto moscato e per i capperi e le lenticchie. L’attività turistica dell’isola rappresenta una componente trainante dell’economia soprattutto per la tipicità dei luoghi e per l’impronta e la connotazione di alto livello che negli anni ha assunto. L’isola è stata sempre attenzionata dagli scienziati, specialmente a causa delle Cuddie, avanzi dei vulcani spenti, delle Favare, emanazioni calde e acide di vapore acqueo che esce dalle rocce vulcaniche con una temperatura a volte di 100°, le caldarelle che sgorgano intorno al lago e contengono salice idrata e carbonato di soda, le mofette e le buvire , polle di acqua salmastra che servono per abbeverare il bestiame ed essendo talune di queste termali, per il bagno. Il nome meno noto del capoluogo è Oppidolo o più comunemente Pantelleria che sorge a N.E. , ma tutta l’isola  è cosparsa di piccoli villaggi o agglomerati di case poste attorno ad una chiesetta o in prossimità di luoghi coltivati. L’isola è dominata dalla Montagna Grande (m. 836) , un vulcano estinto, detto Sciarghibir (monte delle cave).

Le numerose alture, circa 24, chiamate Cuddie. Queste specialmente nelle depressioni degli antichi crateri sono state trasformate in rigogliose terrazze verdi. Tra queste il Bagno dell’acqua, la Conca del Monastero, Sierra ghirlanda, il Monte Gibelè, la Cuddia Attalora, La Cuddia Randazzo, il monte fosso del Russo ed altre minori. Il paesaggio, ora selvaggio e tragico, ora ricco di vegetazione, è caratteristico e vario, sparso di burroni, vallate, crateri spenti, Dammusi (case tipiche del luogo) che spiccano bianchi tra cave bige e verdognole, circondate da mirti e lentischi. Pantelleria fu abitata da popoli semitici che la chiamarono Cossyra e a quell’epoca risalgono alcuni edifici e la cinta fortificata sul colle di Santa Teresa. Notevoli monumenti preistorici sono sulla costa tra Capo Fram e la marina di Sciuracchi.

Ai primitivi abitanti di Pantelleria sono da attribuire i SESI, interessantissimi monumenti funebri dell’età della pietra, assai somiglianti, nella parte inferiore, ai Nuraghi della Sardegna. Se ne contano più di 56  e sono di pianta circolare ad uno o più piani, di dimensione varia, a foggia di coni tronchi sovrapposti. Pantelleria fu una stazione neolitica importantissima, divenne Fenicia, quindi Cartaginese e poi Romana (217 a.c.). In quell’epoca fu destinata a luogo di relegazione: Ottaviano Augusto vi esiliò la figlia Giulia, e Nerone Ottavia, la figlia di Messalina. Passò ai saraceni e fu espugnata dal re Ruggero nel 1123. Ritornò ai musulmani durante le guerre angioine , ma passò ai genovesi nel 1352. Nel 1359 ne fu il signore il genovese Bernardo di San Lazzaro, da cui passò alla famiglia Belvis, e quindi, nel 1492, ai Requiens con il titolo di Principato. In quest’isola la dominazione araba è durata più a lungo lasciando una impronta indelebile nella toponomastica, nei vocaboli, nell’architettura, usi costumi ecc..

Sterile la chiamò Ovidio, in confronto di Malta, deserta ed asprissima Seneca, ma da allora la parva Cossyra di Silio Italico dell’antichità, ha subito nei secoli trasformazioni che l’hanno abbellita. La sua visione è tra le più interessanti ed indimenticabili per lo spettacolo vario che offre , ora orrido e poetico, ora selvaggio e pittoresco.

 


Le Isole Egadi

L‘arcipelago delle Egadi rappresenta un’eccezionale risorsa naturalistica a poche miglia da Trapani e Marsala. Le bellezze naturali, comunque, non rappresentano le uniche risorse di queste isole, infatti, esse vantano numerose ed eccezionali testimonianze storiche, culturali, naturali, ecc… Tra queste la tradizione legata alla pesca del tonno, la tonnara Florio, le numerose spiagge, le cave di tufo di Favignana, i graffiti di Levanzo, la flora e la fauna incontaminate di Marettimo ecc…

Le isole Egadi sono inserite in una riserva marina finalizzata a garantirne la tutela del delicato equilibrio naturale.

Si raggiunge trapani con pochi minuti di aliscafo. Non è consigliabile raggiungere queste isole con l’auto al seguito, in quanto solo Favignana è dotata di una rete stradale e, comunque, è consigliabile utilizzare i mezzi di trasporto locali o noleggiare moto o bici.

Cosa c’è da vedere:

FAVIGNANA

È l’unica isola che dispone di una rete stradale, ma per gli amanti del trekking può anche essere percorsa a piedi.

Le sue coste lunghe 33 chilometri, accolgono tante calette quasi tutte accessibili da terra. Il modo migliore di girarla è in motorino o bicicletta. Da visitare Cala Rossa, Cala Azzurra, Grotta Perciata e le Cave di Tufo.

 

LEVANZO

5? Di aliscafo la separano da Favignana. Non dispone di una rete stradale ed è piccola quanto basta per essere percorsa tutta a piedi. Da visitare la Grotta del Genovese, dove è stato rinvenuto un graffito del neolitico. Un bagno nelle acque cristalline antistanti il porticciolo e una visita veloce del paese possono completare l’escursione di chi preferisce dedicare più tempo a Favignana. Una permanenza più lunga è ipotizzabile, in ogni caso, per chi non vuole rinunciare alle escursioni in barca e a piedi lungo i sentieri dell’isola.

MARETTIMO

È un’isola completamente diversa dalle altre due. Marettimo ha una mole montuosa che si staglia all’orizzonte e s’impone allo sguardo man mano che ci si avvicina ad essa. Il suo paesino, accogliente e incantevole, conserva i caratteri di un piccolo borgo marinaro d’altri tempi. Sono stupende da visitare in barca le numerose grotte marine così come sono interessanti gli itinerari a piedi per gli amanti del trekking. Il giro dell’isola in barca e le passeggiate a piedi sono cose da non perdere assolutamente. Non è consigliabile associare, nella stessa giornata,la visita di questa isola con Quella a Favignana e Marettimo.


Marsala

Marsala è nota in tutto il mondo per i suoi vini e famosa nella storia d’Italia per lo sbarco dei Mille ,è situata sul vertice più occidentale della Sicilia,presso il Capo Boeo o Lilibeo. Città prospera e piena di attività,fiera della propria tradizione vinicola ,ha un aspetto quasi orientale. Sul mare brillano gli specchi delle saline intersecate da numerosi canali,e lungo gli argini,giganteschi mulini a vento si ergono come scolte vigilanti, lo strano accampamento delle piramidi di sale,che,coperto da tegole per riparo dalle piogge o libero al sole purificatore,splende di mille luci. Questo paesaggio suggestivo che la caratterizza per luminosità e bianchezza intensa,fa sentire vicinissima l’Africa. La ricchezza di Marsala è comunque la campagna ubertosa e feracissima: ulivi,aranci e mandorli vi prosperano rigogliosi,ma regina del territorio è la vite,che vegeta stupendamente fin sulla sabbia della spiaggia. A perdita d’occhio si susseguono i filai,divisi da muricciuoli,da siepi folte e spinose di fichi d’India o di agavi snelle e dritte,come candelabri fioriti. La città nacque dopo la distruzione di Mothia ad opera di Dionisio,sorse sul Capo Lilibeo dal quale prese il nome Lilybaion (396 a.c.) e ben presto divenne,per la vicinanza  con l’Africa,il nuovo baluardo Cartaginese in Sicilia. Invano fu assalito prima da Pirro (276) e varie volte i Romani tentarono di occuparlo fino a quando nel 241 a.c. a seguito della vittoria sul mare di Lutazio Catulo, Lilibeo passò a Roma che ne fa il suo porto più importante per il dominio del Mediterraneo. Nelle acque antistanti Marsala, durante la seconda guerra punica,stanziava l’armata romana; nelle acque venne sconfitta da M. Emilio (218 a.c.) la flotta Cartaginese;da Marsala partì nel 204 a.c. Scipione per la conquista dell’Africa (149 a.c.); Cesare,nella lotta contro Scipione e Giuba (47 a.c.) e Sesto Pompeo,nella guerra contro Augusto (36 a.c.) ne fanno la loro base navale e militare.

 

Come questore risiede a Lilibeo Cicerone,che la chiama Splendissima. Lo splendore e l’importanza non li perde nelle epoche successive durante le invasioni dei Vandali ,dei Goti, e dei Saraceni i quali,per l’importanza del porto nei traffici marittimi,ne imitavano il nome in Marsa-Alì o come qualcuno vuole Marsa-Allah. Il principe di Torremuzza nel 1575 che per ordine di Carlo V che credeva di proteggerla dalle invasioni dei Turchi,ne fece calmare il porto. Tale scelta segnò il declino di Marsala che durò alcuni secoli fino a quando grazie a due inglesi: Ingham e Woodhouse (1773) e successivamente i Siciliani Ignazio e Vincezo Florio, risorse a nuova vita ritrovando nella terra la ricchezza persa nel mare. Questi insieme ad altri imprenditori hanno impiantato nei caratteristici bagli la produzione del famoso vino che ha conquistato tutti i mercati del mondo.

 

L’11 maggio 1860 è ancora il mare che consegnò a Marsala ed alla storia la spedizione dei Mille che consacrando così la città a simbolo dell’unità d’Italia. Ogni anno a maggio si celebra l’evento. Numerosi sono i monumenti e le opere d’arte da visitare.Il centro  storico  di Marsala conserva  numerose testimonianze   della  storia della città, molte delle quali sono raccolte e rappresentate nel Museo Archeologico Regionale di “Baglio Anselmi”.

 

Qui si possono ammirare la Nave Punica e numerosi reperti della storia di Lilybeo, come la città era denominata sin dal periodo punico. Sempre sul lungomare cittadino, vi è l’ingresso dell’insula archeologica di Capo Boeo dove è possibile visitare i resti ed i mosaici di quella che era una fastosa villa romana. Porta Nuova ad ovest e Porta Garibaldi a sud, sono i monumentali ingressi nel centro storico.

 

Gli edifici ed i monumenti di maggiore interesse sono: Il Convento del Carmine (sede dell’Ente Mostra di Pittura), il Complesso monumentale S. Pietro all’interno del quale si trova anche il Museo Civico (con la sezione antica, risorgimentale, e tradizioni popolari), la Chiesa Madre e l’adiacente Museo degli Arazzi Fiamminghi del XVI secolo.

 


Segesta

Sulle tracce dell’antichissimo popolo degli Elimi, si giunge a Segesta, antica città Elima inserita in un sistema di dolci colline che racchiudono i suoi preziosi gioielli: il Tempio e il Teatro. Il tempio dorico – siculo sorge intatto e maestoso su un poggio al centro di una suggestiva vallata. Viene definito, dagli studiosi di architettura, ”dorico perfetto” per l’eccezionale e delicato equilibrio d’insieme, ritmo del peristilio, perfetta collocazione spaziale.

Il teatro greco scavato nella roccia, si affaccia dalla cima del Monte Barbaro ed asseconda, in pendio, l’andamento della montagna determinando un eccezionale risultato visivo.

Nello splendido scenario naturale creato dal dirupo sulla valle segestana, il teatro diventa con cadenza biennale uno scenario per i classici del mondo, rappresentazioni teatrali che rievocano atmosfere d’altri tempi. Tali rappresentazioni permettono, a chi vi assiste, di assaporare un’atmosfera unica. La zona archeologica di Segesta è visitabile tutti i giorni pagando un biglietto d’ingresso. Un pulmann trasporta i turisti dall’area di parcheggio fin sopra il Monte barbaro dove si può visitare oltre al tempio e al teatro l’intera area archeologica. Vicino all’area archeologica esistono le antichissime terme segestane ( acque calde). Lo stabilimento è dotato anche di una piscina, con acque sulfuree, aperta anche in inverno. Nella zona sono presenti numerosi agriturismi dove poter effettuare, eventualmente, la sosta per il pranzo.

 

Il percorso delle città elime può essere completato visitando Erice e Salemi. È consigliabile, altresì, visitare questi luoghi perché facenti parte dell’itinerario garibaldino. Vicinissima a Segesta la zona dove si svolse la famosa battaglia di Calatafimi del 15 maggio 1860 località eletta a simbolo dell’unità dell’Italia. Sul luogo è stato eretto, trent’anni dopo la battaglia, un sacrario a perenne ricordo dei garibaldini che vi perirono.

 

IL SACRARIO DI PIANTO ROMANO

 

Dopo aver visitato  Segesta, in pochi minuti, proseguendo per la statale 113, si giunge ad un monumento simbolo dell’unità d’Italia, il Monumento Ossario di Pianto Romano. Fu eretto, su progetto dell’ architetto palermitano Ernesto Basile, per iniziativa dei cittadini di Calatafimi – Segesta a custodia delle reliquie dei caduti della battaglia del 15 maggio 1860. La battaglia di Calatafimi fu decisiva per le sorti della spedizione e dell’ unità nazionale. Il monumento fu inaugurato il 15 maggio 1892 nella 32° ricorrenza del combattimento. Ha una struttura piramidale, alto circa 33 metri, visibile anche a grande distanza, costruito con pietra calcarea di Alcamo. La base quadrata, con mura scarpate orizzontalmente sagomate, si raccorda per mezzo di gradini ad un alto obelisco a conci ornato a metà della sua altezza di una severa corona di bronzo con la Trinacria e due palme. La decorano ai lati due gruppi bronzei di Battista Tassara, dei Mille, raffiguranti lo sbarco di Marsala e la battaglia di Calatafimi. Per la scala che si avanza sul prospetto si sale all’ Ossario, superato il classico ingresso, arco etrusco fra due pilastri che sostengono il frontone dorico, si entra nel sacrario che custodisce in due grandi custodie le reliquie dei Caduti: garibaldini e borbonici. Alla fine del viale dei cipressi, Viale della Rimembranza, il 15 maggio 1960 è stata posta una stele, regalo della Regione Siciliana in occasione del centenario del combattimento, in essa sono scritte le famose parole che Garibaldi disse a Nino Bixio:”Qui si fa l’ italia o si muore”.

 


Riserve Regionali

LE RISERVE NATURALI DELLA PROVINCIA DI TRAPANI
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La Riserva Naturale Orientata del Monte Cofano – Grotta Crocifisso

La provincia di Trapani comprende undici riserve regionali di protezione floro – faunistica fra le quali la più importante è certamente la Riserva naturale orientata dello Zingaro che si estende nella penisola di San Vito Lo Capo.

Il territorio della riserva ricade per gran parte nel comune di San Vito Lo Capo e in misura minore nel comune di Castellammare del Golfo, estendendosi per circa 7 km di costa e quasi 1.700 ha di natura incontaminata.

 

La costa tra Castellammare del Golfo e san Vito Lo Capo è caratterizzata da rilievi calcarei di natura dolomitica e presenta maestose falesie intercalate da numerose calette. Il suo rilievo altimetrico va dai 913 metri di Monte Speziale degradando ripidamente verso il mare.

 

La Riserva ospita oltre 650 specie vegetali, alcune endemiche e rare.

Oltre alla Riserva dello zingaro si annoverano:


Trapani

Mentre Monte San Giuliano, l’antica Erix sacra, spunta dalla nebbia e s’innalza al sole con la sua corona di torri, austera, massiccia, brullo, solitario quasi a somigliare ad una fiera accovacciata a guardia del mare che s’incurva ai suoi piedi. Trapani splende lungo il suo lido falcato con i suoi mulini e i rettangoli delle saline che un tempo si spingevano, senza soluzione di continuità, fino a Capo Boeo, dove occhieggia il porto di Allah, la Marsala garibaldina dei giorni nostri. Di fronte emergono, stagliandosi nell’azzurro cielo contornate dal mare turchese dal quale emergono, le isole Egadi. Con questa breve premessa vogliamo dare una descrizione che solo in parte può dare l’idea della magnificenza dei paesaggi che offre la natura di questi posti. Trapani, anticamente Drepanon, Drepana o Drepanum è come un’immensa prora sporgente tra l’Africano e il Tirreno, baciata da tutti i venti e circonfusa dalla luce riflessa dalle bianche saline e dall’azzurro del mare che, all’orizzonte, diventa tutt’uno con il cielo. Dal lato di mezzogiorno la falce si spinge fino a Lilibeo, mentre da tramontana la spiaggia s’incurva fino alla ex tonnara di S. Giuliano, proseguendo per Pizzolungo per arrivare, quindi, al tondeggiante Monte Cofano (riserva naturale) che chiude il mare come in un lago. Una perla, San Vito Lo Capo, segna il limite ultimo dell’arco sinuoso. Sulla doppia falce, Trapani pare veramente un aculeo, se così suona l’antichissimo nome fenicio Darhan, un aculeo che ha la punta nella quadrata torre Ligny, che segna il confine di due mari che, tra mille spruzzi e schiuma bianchissima, si confondono e diventano un tutt’uno. Ciò quasi a sottolineare,  come in  una metafora della storia della città, il connubio tra le diverse culture delle due sponde del Mediterraneo. Culture che in percentuale diverse, come gli ingredienti di un piatto importante, hanno contribuito a formare la tipicità della Trapani dei giorni nostri.

 

La bellezza di Trapani è nel mare, che offre al turista uno spettacolo divino. In certe giornate pare che a migliaia le rose, come per uno strano miracolo, vi si sfoglino e diventino vele bianche, rosse, arancioni, azzurre che tremano accarezzate dal vento. Il lazzaretto, rotondo come in un tempio, la Colombaia e l’Ospizio solenni e grandiosi, emergono dal mare mentre il faro, di fronte, s’innalza sullo scoglio del Buon Consiglio. Nell’antichità diverse immigrazioni si susseguirono nella zona di Trapani, nel tempo in cui i Siculi dominavano la parte orientale della Sicilia e i Sicani erano rimasti sulle alture dell’occaso. Furono i punici che diedero l’impronta commerciale al sito eleggendolo Emporio di Erice. Drepanum acquistò importanza solo nel 260 a.c., quando accolse gli ericini trasportativi da Amilcare vittorioso. Partigiana dei Cartaginesi, cui era legata da vincoli di razza e di interessi, venne liberata da Aderbale dall’assedio del console romano P. Claudio Pulcro (249 a.c.). Successivamente, cadute sotto il dominio romano, Erice, Lilibeo e Panormo, anch’essa fu vinta, quando Lutazio Catulo sconfisse nelle acque delle isole Egadi la flotta Cartaginese. La pace fu conclusa nell’isola sacra di Marettimo e Drepanum divenne città consolare, ma perse importanza, in quanto tutto il traffico commerciale venne assorbito dalla vicina Lilibeo. Durante la dominazione romana (336 a.c. ) si stabilirono a Trapani gli Ebrei che, trovandosi bene, crebbero straordinariamente in numero. Essi fondarono ed abitarono il quartiere che poi prese il nome della Giudecca. Quando la Sicilia passò in ordine ai Bizantini, ai Goti, ai Saraceni ed ai normanni, Trapani seguì la sorte delle altre città. Città sempre dall’indole calma e tranquilla, riacquistò potenza e ricchezza nel periodo delle crociate, poiché nel suo porto convenivano tutte le navi che partivano per la Terra Santa.

 

Fu mal tollerato il governo degli Angioini e Trapani, tra le prime città siciliane aderì, ribellandosi, alla rivoluzione del Vespro. Con gli Aragonesi, Trapani ebbe un periodo di massimo splendore, Fu unica con Messina a poter aprire consolati in Tunisi. La  rivoluzione del 1830 non la turbò minimamente, ma dal ‘48 al ‘60 partecipò attivamente dando un contributo di eroismo e sacrificio tanto da meritarsi la medaglia d’oro.

 

Nel 1860 Trapani contribuì in maniera determinante alla spedizione dei mille. Dal 1860, tra alti e bassi, Trapani ha seguito le sorti dell’Italia unita monarchica e repubblicana. Negli ultimi anni sta avendo un forte rilancio legato soprattutto al turismo e alla valorizzazione del suo mare.

Ci sono parecchi monumenti e opere d’arte da scoprire a Trapani, soprattutto presso il centro storico, ma non solo. Infatti, merita una visita la basilica della SS. Annunziata ed il Museo Pepoli dove sono raccolte numerose collezioni ed opere d’arte. Per gli stessi trapanesi la città vera è la vecchia, quella per intenderci che si sviluppa dalla torre di Ligny fino a via garibaldi, la villa Margherita e piazza V. Emanuele. È la famosa falce protesa sul mare, ed il mare stesso, ad avere sempre il posto d’onore in tutti gli scorci di paesaggio. Il mare appare da tutti i punti, attraverso le antiche viuzze strette che intersecano la via principale.

 


Selinunte

Pur essendo la più occidentale delle colonie greche, fondata nel VII secolo a.C. in pieno territorio cartaginese, Selinunte riuscì a diventare una importate e popolosa città.

La storia di Selinunte s’intreccia tra colonne e rovine di colossali templi greci che si susseguono nella verde campagna. E’ il paesaggio di Selinunte, sita presso la foce del fiume dove cresce ancora il prezzemolo selvatico (selinon) che diede  il nome al corso d’acqua ed alla città. Città di origine greca, fondata nella seconda metà del VII sec. a.C., Selinunte è tra i parchi archeologici più importanti del mediterraneo con la più straordinaria raccolta di rovine, l’espressione più completa della civiltà siciliota dei secoli IV e V a.C. testimonianza dell’antica arte dei selinuntini è l’originale statuetta dell’Efebo.

 

La sua rivalità con Segesta le costò la prima distruzione, operata dai cartaginesi accorsi in aiuto dell’amica Segesta. Fu ricostruita dai Siracusani di Ermocrate che cercarono di farla diventare un forte avanposto militare in grado di contrastare efficacemente i cartaginesi.

Nel 241 a.c. i romani la espugnarono, ma i cartaginesi per non lasciare la città in mano ai nemici la rasero al suolo. Sembrerebbe che l’attuale aspetto dell’acropoli sia il risultato di questa frettolosa e furiosa opera distruttiva . Qualcun altro però asserisce che il crollo della città sia da imputare ad un violento terremoto che colpì la zona.

Il grande parco archeologico, 270 ettari, è stato istituito nel 1993 ed accoglie su un terreno ricoperto di natura spontanea e selvatica le antiche strutture architettoniche. Il parco è diviso in quattro aree ed è visitabile a bordo di un trenino elettrico in funzione per i visitatori da alcuni anni.


Erice

Sulla sommità del Monte San Giuliano, a 751 mt d’altezza sorge Erice: il suo nome deriva dal siculo-italico Eryx, (fino al 1934 Monte San Giuliano) che significa ‘monte‘. Vicoli medievali lastricati , puliti e silenziosi, conducono a piazzette, cortili fioriti o semplicemente ad inaspettati scorci di paesaggio che impongono una ripresa video o uno scatto fotografico. È questa il paese odierno giunto a noi dal medioevo praticamente intatto. La cittadina, già privilegiata per la straordinaria bellezza della zona, svetta dalla cima del Monte San Giuliano ( 751 m.) permettendo d’ammirare con un colpo d’occhio Trapani, le saline , lo stagnone di Marsala, i centri abitati prossimi al capoluogo e sullo sfondo le isole Egadi. Erice fu abitata sin dai tempi del Paleolitico Superiore e del Neolitico (le grotte lo testimoniano). Successivamente fu un’importante città elima per poi passare sotto i Cartaginesi . Il suo tempio, fu dedicato alla Dea Astarte ed era famosissimo nell’antichità per il culto della fertilità e dell’amore. Lo stesso tempio fu poi dedicato ad Afrodite dai Greci e a Venere Ericina dai Romani. Erice fu a lungo contesa dai Greci per le sue immense ricchezze. Distrutta durante la 1^ guerra punica dai Cartaginesi, che ne trasferirono gli abitanti a Drepanon (Trapani),  Erice fu conquistata dai Romani nel 248 a.C., i quali riportarono all’antico splendore il tempio, dedicandolo alla dea Venere. Seguì poi le vicende storiche di tutta l’isola: fu bizantina, poi araba, quindi normanna.

 

Con i Normanni, che ripopolarono la città e vi costruirono il famoso Castello, Erice raggiunse il suo massimo splendore. All’interno della cinta muraria (di cui sono rimaste tre porte di epoca medievale) si può ammirare il Duomo, edificato nel Trecento, il Castello normanno, la chiesa di San Martino, anch’essa normanna, la chiesa di San Domenico (oggi sede del Centro scientifico Ettore Majorana), il museo civico, e tutto l’incantevole paesino, dalla struttura tipicamente medievale. Il tessuto urbano del paese, tranne che per alcuni palazzi in stile barocco, è rimasto quello di epoca normanna,e da allora, tranne qualche palazzo barocco, la roccaforte è rimasta la stessa. Durante il Medio Evo vi furono edificate chiese e conventi ed il castello, probabilmente di epoca normanna, edificato con materiale di spoglio. Fra i tanti monumenti che comprendono circa 60 chiese, si possono visitare:

  • la chiesa matrice, che risale al sec. XIV con porticato gotico del ’500 ed interno rinnovato nel sec. XIX,
  • notevoli resti di edifici difensivi del sec. V a. C.;
  • la chiesa di S. Giovanni Battista che presenta un portale duecentesco.

 

lo scorso secolo Erice era uno dei comuni più estesi di tutta la Sicilia, comprendeva, infatti, altri centri come Buseto Palizzolo, Paceco, San Vito Lo Capo, Custonaci, Valderice,. Diverse le frazioni fanno parte del territorio comunale, alle falde della montagna madre (Pizzolungo, Roccaforte, Tangi, Rigaletta, Napola, Ballata, Casa Santa, ecc.).  Oltre  che per le sue numeroisissime attrazioni monumentali ed architettoniche, Erice è famosa per l’artigianato locale costituito da arazzi, tappeti tessuti a mano, ceramiche decorate, per la sublime paticceria a base di mandorle, il Genovese alla crema,  i “Mustaccioli”, ed altri antichi dolci elaborati un tempo minuziosamente dalle sapienti mani delle suore di clausura. Il liquore ericino completa questa sintetica carrellata di prodotti tipici. Dal 2005 Erice è collegata a Trapani da una moderna funivia.


Castellammare del Golfo

Castellammare del Golfo era l’antico emporio di Segesta e le sue origini sono antichissime, come testimoniato dalle tracce dei primi insediamenti umani in Sicilia che sono state trovate Lungo la costa che da Castellammare del Golfo porta a San Vito Lo Capo. Nel corso dei secoli, le varie dominazioni succedutesi, Castellammare ha sempre mantenuto la sua caratteristica di emporio commerciale dove venivano scambiate le merci destinate all’interno e che dall’interno arrivavano per essere imbarcate e destinate verso mete lontane. Il porticciolo è dominato dal castello di origine araba ed è dotato per ospitare imbarcazioni da diporto. Il castello ha perso molto delle sue caratteristiche originarie, è stato distrutto e ricostruito successivamente in epoca normanna, in varie occasione, nel corso dei secoli , ha subito interventi di ristrutturazione e di ampliamento che ne hanno modificato sensibilmente l’architettura. Proseguendo da Castellammare lungo la SS. 187 si presenta allo sguardo un panorama mozzafiato del paese e del bellissimo litorale sabbioso che è possibile immortalare con delle riprese video e fotografiche da una piccola area di sosta panoramica che si incontra sul lato destro.

 

SCOPELLO

 

Scopello è un piccolo borgo marinaro che si trova a pochi chilometri del paese di Castellammare del Golfo. È posto all’inizio della riserva naturale dello Zingaro; provenendo da Castellammare e procedendo lungo la SS 187 è facile raggiungerlo. Scopello è posto in posizione dominante rispetto al mare antistante. È caratterizzato da una struttura urbanistica costituita da un agglomerato di case di pescatori poste attorno all’antico baglio che rappresenta il centro vitale del borgo. Un bagno nelle acque di Guidaloca (spiaggia di ghiaia) o attorno ai faraglioni di fronte all’antica tonnara, lascia un ricordo indelebile della vacanza. Può costituire base di partenza per un’escursione alla riserva dello Zingaro, raggiungibile anche da San Vito Lo Capo.

 



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